Premi play e inizia a viaggiare per Torino con gli scrittori torinesi
Tomaso Albinoni – Adagio in Sol minore
TORINO CITTA’
DI SCRITTORI.
SENSAZIONI,
EMOZIONI
E MERAVIGLIE.
Piazza Vittorio Veneto, Torino
Quando si pensa a Torino, vengono in mente i suoi caffè, le piazze barocche e la Fiat, più che la letteratura. Ma una folta schiera di piccole librerie indipendenti, un’imponente e meravigliosa biblioteca nazionale e un’interminabile lista di grandi firme del passato la cui presenza aleggia ancora sopra la città – da Primo Levi a Nietzsche – garantiscono alla Detroit d’Italia uno dei primi posti nel panorama letterario europeo, e nessuno si è sorpreso quando l’UNESCO ne ha fatto la Capitale Mondiale del Libro insieme a Roma nel 2006-2007.
da La Stampa
La libreria Zanaboni al 41 di Corso Vittorio Emanuele II, nella quale Tawfik andava quasi tutti i giorni quando abitava a San Salvario
YOUNIS TAWFIK
Younis Tawfik (Mossul, 1957) è un poeta, romanziere, saggista e traduttore iracheno naturalizzato italiano. “Appena sbarcato a Porta Nuova uscii dalla stazione e trovai una città vuota: era il 13 agosto del 1979, tutti erano in ferie e io ne rimasi scioccato, ricordo che immediatamente pensai che volevo tornare in Iraq. Poi le vacanze finirono, la città ritornò a vivere e io iniziai ad apprezzarla. Fin da allora ho sempre avuto un rapporto di grande amore con Torino”. Tawfik è arrivato in Italia guidato da un libro: la Divina Commedia. “Sognavo di studiare l’influenza della cultura islamica sulla Divina Commedia e per farlo volevo essere in grado di leggerla in Italiano”. Capitato per caso a Torino, ne aveva già sentito parlare nei romanzi di Pavese o in film come “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, che aveva visto quando era ancora in Iraq. A ventidue anni poi, iscrittosi alla facoltà di Lettere all’Università di Torino, ha scoperto la città da studente, e i luoghi di Torino che lo affascinano da allora sono rimasti gli stessi. “Ho imparato a passeggiare col naso all’insù per vedere gli edifici e i monumenti, leggendo e scrivendo al Valentino e alla Biblioteca Nazionale”. E’ diventato parte integrante del tessuto letterario della città di cui un tempo leggeva, e vi ha anche ambientato il suo primo romanzo, “La Straniera” (Bompiani, 1999). Docente di lingua e letteratura araba alla facoltà di lingue dell’Università di Genova, dirige la collana “Abadir Culture dell’Africa e del Medio Oriente” ed è Presidente del Centro Culturale Italo-Arabo Dar al Hikma di Torino.
da La Stampa
L’agonia delle librerie. Nel 2015 hanno perso il 20%
Giù il fatturato, spariti i nomi storici come Fogola e Zanaboni
Quando chiude una libreria si apre nella città una ferita che non si rimarginerà, perché con il «negozio» scompare una comunità di lettori che si era sedimentata negli anni intorno a quel libraio, dentro quelle mura. La crisi – unita alla concorrenza delle catene – ha spazzato via, dal 2011 alla fine dello scorso anno, venti librerie in provincia, di cui sette nella sola Torino. In tre anni il calo è stato del 5,2% a Torino città, del 9,1% in provincia, del 7,7% in Piemonte. In Italia sono le grandi città a soffrire un poco meno dei centri piccoli.
Marina Cassi La Stampa 16/2/2015
Il Museo di Arte Orientale (MAO), in via San Domenico 11.
Nello stesso palazzo, nel 1728, Jean Jacques Rousseau lavorò come valletto durante la sua permanenza a Torino
FABIO GEDA
Fabio Geda (Torino, 1972) è uno scrittore nato e cresciuto a Torino. Nonostante l’attaccamento che prova per la sua città, alcuni dei posti in cui ama di più lavorare sono luoghi di transizione da essa – letteralmente e figurativamente – come l’aeroporto di Caselle. Un altro luogo “di passaggio” dove ha ambientato una scena del suo primo romanzo, “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani”, è il ponte Principessa Isabella, che collega il parco del Valentino a Borgo Po, uno dei ponti più belli di Torino. Storia e memoria sono altri punti di partenza per Geda: “Quando passo per la zona di Sassi, verso Superga, non posso fare a meno di salutare mentalmente Salgari, e quando mi trovo all’altezza di via Biancamano 2 (dove si trova la storica sede della casa editrice Einaudi) penso subito a Einaudi, Calvino, e tanti altri.” Un altro luogo di transizione importante è l’Hotel Roma, in piazza Carlo Felice, che non può che ricordare – a lui come a molti – dove Pavese ha vissuto i suoi ultimi giorni e si è poi tolto la vita. Ma la Torino letteraria di Geda non è rimasta ferma nel tempo. Oggi, a quasi metà secolo dalla scomparsa dei giganti letterari del passato, la città vede il proprio panorama culturale rinascere fuori dal centro, in quartieri vivaci per l’immigrazione e la presenza sempre maggiore di studenti e in luoghi come la Libreria Therese in Corso Belgio, la Trebisonda a San Salvario, la Gulliver nel quartiere Santa Rita, e la stessa Scuola Holden, dove Geda insegna, a Porta Palazzo.
da La Stampa
La chiesa de Santi Pietro e Paolo, che si staglia su Largo Saluzzo, una piazza nel cuore
di San Salvario
PAOLA MASTROCOLA
Paola Mastrocola (Torino, 1956) è un’insegnante, poetessa e scrittrice di numerosi saggi e romanzi, tra cui l’ultimo “Non so niente di te” (Einaudi, 2013). Vive in collina, dall’altra parte del Po, eppure ogni giorno si reca nel centro di Torino per lavorare “C’è solo un posto in tutta la città in cui riesco a concentrarmi e a scrivere – dice – la Biblioteca Nazionale in piazza Carlo Alberto”. E ogni giorno arriva, prende posto con il suo computer in una sala di lettura sempre piena di studenti e scrive per quasi tutto il giorno. E’ una routine che dura da venticinque anni. Contando più di 763.833 libri, oltre 6.000 edizioni antiche – un patrimonio manoscritto in gran parte proveniente dalle collezioni di Casa Savoia – 1.095 periodici, 1600 incunaboli (pamphlet stampati a caratteri mobili, e non scritti a mano, realizzati prima del 1501 e provenienti da tutta Europa) e volumi e manoscritti rari di autori e anche di musicisti del calibro di Vivaldi, Gluck e Haydn, la biblioteca ha una delle collezioni più ricche d’Italia. E’ anche un gioiello architettonico, che vanta le dimensioni e l’acustica di una cattedrale. Il posto ideale dove creare dell’arte. Quando la Mastrocola finisce di lavorare, di solito va a schiarirsi le idee con una passeggiata lungo via Po e poi attraverso piazza Vittorio, di ritorno verso la sua collina. Ama la collina, e viverci, ma non andarci a passeggio: “Ci sono i cinghiali, e io ne ho tantissima paura. Per me è meglio la città!”
da La Stampa
La Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino in piazza Carlo Alberto 3 ospita una delle più importanti collezioni del paese
MARTA PASTORINO
Marta Pastorino (Genova, 1978) vive e lavora a Torino, dove scrive e collabora ai laboratori di scrittura creativa e storytelling della Scuola Holden. Qui ha anche ambientato il suo primo romanzo, “Il primo gesto” (Mondadori, 2013). La città in cui ha scelto di vivere ormai da tempo è rimasta per lei un luogo dei sensi, o quasi dello spirito. D’estate, si rifugia dal caldo nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Largo Saluzzo, non lontano da dove vive. “E’ un posto suggestivo, dentro ci trovi tutto ciò che cerchi in una chiesa: l’odore d’incenso, le ombre, il silenzio, la concentrazione. E’ un posto meraviglioso per studiare e per scrivere”, spiega. Nei giorni in cui ha bisogno di luce e di un ambiente più moderno per trovare ispirazione, invece, preferisce andare alla Fondazione Merz, un museo di arte contemporanea fondato da Mario Merz, artista esponente della corrente dell’arte povera. Situato in una vecchia fabbrica ad ovest dei binari della stazione di Porta Nuova, il posto è completamente bianco, all’interno e all’esterno. “Quando c’è il sole, è come se tutto il calore si raccogliesse lì, in quel bianco”. Anche gli edifici dell’ ex-Ospedale Psichiatrico di Collegno esercitano un fascino simile sulla Pastorino, che qualche anno fa ci viveva e lavorava. “Si sente ancora l’energia del manicomio, al mattino presto, quando il parco è deserto”. Le sere invece la si trova al Caffè Ranzini, un bar di proprietà della stessa famiglia da tre generazioni, mentre beve un bicchiere di vino gustando le acciughe al verde classiche della cucina piemontese. Ognuno di questi posti per la Pastorino è diventato un rito – come un rito, dice, è l’atto stesso di scrivere.
da La Stampa
Piazza San Carlo
da La Stampa
Il Caffè Mulassano, un’istituzione della città situata in Piazza Castello, dove si dice sia stato inventato il tramezzino nel 1926
La storia del tramezzino, nato a Torino
dal pane del Boia
“La leggenda narra che i panettieri abbiano creato il pancarrè per eludere l’ordinanza che gli vietava di porgere al boia il pane al contrario, in segno di disprezzo.”
Forse pochi ne sono a conoscenza, ma il famoso pancarrè che ha dato i natali all’ancor più celebre tramezzino è nato proprio a Torino. L’alimento che ha spopolato in tutto il mondo, alla base di molti cibi del fast food, deve le sue origini, più precisamente, al Caffè Mulassano di piazza Castello, nel pieno centro della città sabauda.
All’interno dello storico locale torinese è, infatti, incisa una targa che recita: “Nel 1926 la signora Angela Demichelis Nebiolo, inventò il tramezzino”. Secondo la tradizione i coniugi Nebiolo, di ritorno dagli Stati Uniti, per ringiovanire il locale, diedero vita, dapprima in accompagnamento all’aperitivo poi come pranzo veloce, al celebre spuntino che Gabriele D’Annunzio chiamò, alcuni anni dopo, “tramezzino”.
Come ogni tradizione che si rispetti anche quella del tramezzino è, peraltro, legata a una leggenda. Il pancarrè che ha portato alla nascita del tipico spuntino torinese, è legato alla storia dell’ultimo Boia di Torino, vissuto nella prima metà dell’800. Essendo i boia mal visti dalla popolazione per il ruolo che ricoprivano all’interno della società – a loro era affidato il compito di uccidere le persone soggette a pena di morte – si era consolidata tra i panettieri l’abitudine di porgere a questi il pane al contrario in segno di disprezzo.
Il boia, offeso della scortesia, si rivolse quindi all’autorità e fece emettere un’ordinanza che vietava formalmente ai panettieri di perseverare nella pratica. Questi ultimi, per eludere la decisione delle autorità cittadine, inventarono così un nuovo tipo di pane, la cui forma era molto similare a quella di un mattone. Il pancarrè, uguale sia sotto che sopra, poteva quindi essere servito al boia capovolto senza che quest’ultimo potesse lamentarsi e segnalare l’accaduto alle autorità.
Questa la leggenda che ha dato vita al famoso pane utilizzato per creare il tramezzino, uno degli spuntini più richiesti, ora come allora, dai torinesi. Tra i più celebri, preparati al Caffè Mulassano, il tramezzino all’aragosta, quello al tartufo e con la bagna caoda.
da Torino Today 17 agosto 2015
ALESSANDRO PERISSINOTTO
Alessandro Perissinotto ( Torino, 20 dicembre 1964) è uno scrittore, traduttore e insegnante. Dopo aver praticato diversi mestieri per mantenersi gli studi, nel 1992 si laurea in lettere con una tesi in semiotica e inizia subito a dedicarsi al mondo della multimedialità, alla realizzazione di prodotti didattici, al linguaggio dei segni nelle fiabe, con i suoi primi saggi Gli attrezzi del narratore. Pubblica, insieme a Gian Paolo Caprettini, il Dizionario della Fiaba. Attualmente è docente universitario a Torino. Nel 1997 inizia a pubblicare libri di narrativa che, per le atmosfere e i temi trattati, vengono definiti romanzi polizieschi. Nei suoi successivi tre romanzi Una piccola storia ignobile, L’ultima notte bianca e L’orchestra del Titanic, tutti pubblicati da Rizzoli, le indagini sono condotte da un solo e ben delineato personaggio, la psicologa Anna Pavesi, che utilizza la conoscenza della mente per sondare e portare alla luce la banalità di quel male ben connaturato nell’animo umano; in particolare, l’indagine raccontata in L’ultima notte bianca, attraverso la Torino olimpica del 2006, gioiosa e festosa, ma anche frastornata e passiva, permette all’autore di evidenziare i chiaroscuri dell’evento, sottolineando l’esistenza di una periferia abitata da gente operosa, ma esclusa dalla grande festa olimpica e, soprattutto, di una folta popolazione di giovani emarginati che, in mezzo a tante luci e ostentazioni, si trascinano nella miseria, o nella schiavitù della droga e della prostituzione. Successivamente pubblica nel 2011 Semina il vento, Piemme e Lo sguardo oltre l’orizzonte. Con Le colpe dei padri, 2013 si classifica in seconda posizione al Premio Strega. Pubblica poi, nel 2014, Coordinate d’oriente sempre con Piemme. Del 2017 il romanzo: Quello che l’acqua nasconde . Parallelamente, cioè dal 2016, scrive con lo pseudonimo di Arno Saar romanzi polizieschi ambientati in Estonia che hanno per protagonista il detective Marko Kurismaa: Il treno per Tallinn e La neve sotto la neve.
da Wikipedia

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