Versi e Prosa o Pedagogia?

“If” è una poesia di grande attualità adatta a tutte le generazioni. Una poesia educativa e pedagogica, colma della sollecitudine di un padre o di una madre, che dice al proprio figlio: “ Vai! Su! Sono certo che ce la farai!” Un buffetto affettuoso di conforto e una spinta ad affrontare i disagi e gli eventi positivi e negativi della vita futura. Kipling l’ha scritta per il suo bambino ma è intimamente toccante tanto da conquistare il cuore degli adulti, Questi versi sempre attuali sono un incentivo verso un divenire migliore, per evolversi lungo il cammino di un’etica sempre più retta Appendila al muro come un calendario, leggila e ogni giorno ti regalerà un nuovo punto di partenza, un’occasione per migliorare.
Ascolta, leggi e assapora la bellezza di questi versi
If
If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you,
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too;
If you can wait and not be tired by waiting,
Or being lied about, don’t deal in lies,
Or being hated, don’t give way to hating,
And yet don’t look too good, nor talk too wise:
If you can dream —and not make dreams your master;
If you can think— and not make thoughts your aim;
If you can meet with Triumph and Disaster
And treat those two impostors just the same;
If you can bear to hear the truth you’ve spoken
Twisted by knaves to make a trap for fools,
Or watch the things you gave your life to, broken,
And stoop and build ’em up with worn-out tools:
If you can make one heap of all your winnings
And risk it on one turn of pitch-and-toss,
And lose, and start again at your beginnings
And never breathe a word about your loss;
If you can force your heart and nerve and sinew
To serve your turn long after they are gone,
And so hold on when there is nothing in you
Except the Will which says to them: ‘Hold on!’
If you can talk with crowds and keep your virtue,
Or walk with Kings—nor lose the common touch,
If neither foes nor loving friends can hurt you,
If all men count with you, but none too much;
If you can fill the unforgiving minute
With sixty seconds’ worth of distance run,
Yours is the Earth and everything that’s in it,
And—which is more—you’ll be a Man, my son!
R. Kipling
In questo video puoi apprezzare la bellezza di questa poesia nella traduzione italiana
Ecco un’altra traccia educativa, questa volta tratta dal Mercante di Venezia di William Shakespeare
Monologo di Shylock
Shylock afferma: ” … La malvagità che mi insegnate la metterò in opera, e sarà difficile che io non abbia a superare i maestri”. Questo è il concetto di fondo attorno al quale ruota gran parte dell’opera. Shakespeare dichiara in sintonia con la sua epoca e la sua società che l’ebreo è il male. Cacciati dall’Inghilterra, mandati via dalla Spagna, gli ebrei soffrivano da sempre una condizione di pregiudizio radicale. Ma nei versi di questo monologo Shylock rivendica la sua umanità, il suo essere uguale a tutti gli altri uomini. E non dobbiamo stupirci se il medesimo monologo è stato utilizzato per parlare dell’olocausto a opera di Adolf Hitler, per ribadire nuovamente il “male assoluto” . Di nuovo questo stesso monologo può comparire in bocca allo zingaro, all’immigrato, all’extracomunitario, al reietto di turno del nostro tempo. Cacciato, escluso, allontanato nuovamente. Ecco, quindi di nuovo e sempre il medesimo messaggio: attenti a trovare il nemico, il male assoluto, il terrorista o il fondamentalista di turno. Perché anche il peggiore degli uomini, alla fine, potrebbe replicare recitando il monologo di Shylock, reclamando la sua appartenenza al genere umano. ” Come Moni Ovadia insegna: “L’umanità si salva tutta insieme o tutta insieme sarà per sempre dannata!”
Monologo di Shylock
da
IL MERCANTE DI VENEZIA
di William Shakespeare
Atto III – Scena l
“Egli m’ha vilipeso in tutti i modi, e una volta m’ha impedito di concludere un affare per un milione.
Ha goduto per le mie perdite e ha dileggiato i miei guadagni,
ha disprezzato la mia razza, ha intralciato i miei buoni affari,
ha allontanato da me i miei buoni amici e mi ha aizzato contro i nemici!
E tutto questo per quale ragione? Perché sono ebreo! E dunque?
Non ha forse occhi un ebreo? Non ha mani, organi, membra, sensi, affetti e passioni?
Non si nutre egli forse dello stesso cibo di cui si nutre un cristiano?
Non viene ferito forse dalle stesse armi?
Non è soggetto alle sue stesse malattie?
Non è curato e guarito dagli stessi rimedi?
E non è infine scaldato e raggelato dallo stesso inverno e dalla stessa estate che un cristiano?
Se ci pungete non versiamo sangue, forse?
E se ci fate il solletico non ci mettiamo forse a ridere?
Se ci avvelenate, non moriamo?
E se ci usate torto non cercheremo di rifarci con la vendetta?
Se siamo uguali a voi in tutto il resto, dovremo rassomigliarvi anche in questo.
Se un ebreo fa un torto a un cristiano, a che si riduce la mansuetudine di costui? Nella vendetta.
E se un cristiano fa un torto a un ebreo quale esempio di sopportazione gli offre il cristiano? La vendetta.
La stessa malvagità che voi ci insegnate sarà da me praticata,
e non sarà certo difficile che io riesca persino ad andare oltre l’insegnamento.”
Il Mercante Di Venezia – Monologo di Shylock.
Una grande intrpretazione di Al Pacino.